28 luglio, giornata mondiale dell’epatite: è tempo di agire
“È tempo di agire” è lo slogan che accompagna la Giornata mondiale dell'epatite, che si celebra ogni anno il 28 luglio, per sensibilizzare l'opinione pubblica sui rischi legati all'epatite, e per implementare le azioni finalizzata alla prevenzione, diagnosi e il trattamento destinato a salvare vite e migliorare gli esiti di salute.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) riporta che ogni 30 secondi nel mondo una persona muore per una malattia legata ad una delle forme di epatite virale, un'infiammazione del fegato che causa gravi patologie epatiche come la cirrosi e il cancro. Esistono 5 ceppi principali del virus dell'epatite: A, B, C, D ed E. Insieme, l'epatite B e C rappresentano le infezioni più comuni e si stima che globalmente causino 1,3 milioni di morti e 2,2 milioni di nuove infezioni all'anno. Negli ultimi anni l’attenzione si è focalizzata in particolare sul virus dell’epatite C: l’OMS si è posta come obiettivo l’eradicazione entro il 2030 del virus, anche grazie alla scoperta di farmaci antivirali diretti sicuri ed efficaci (DAAs) disponibili in Italia dalla fine del 2014, in grado di permettere la completa guarigione del paziente dall’infezione in assenza di effetti collaterali importanti. Lo scopo del trattamento antivirale è di modificare in maniera significativa la storia naturale della malattia, prevenendo la comparsa di cirrosi e di manifestazioni extraepatiche, riducendo le complicanze nei pazienti già cirrotici e, di conseguenza, la mortalità in questi pazienti. La guarigione post trattamento antivirale permette inoltre di eliminare il rischio di trasmissione dell’infezione con importanti ricadute sull’incidenza di nuovi casi (da qui il concetto di trattamento come prevenzione). Questa scoperta, unitamente alla semplificazione della diagnosi di infezione e della valutazione dello stato di salute del fegato, che non necessitano più di accertamenti invasivi come la biopsia epatica in passato, rappresentano le basi per pensare di trattare e guarire tutti i soggetti positivi al virus dell’epatite C (HCV) interrompendo di fatto la diffusione del contagio e prevenendo lo sviluppo di malattia epatica avanzata.
Uno dei principali ostacoli al raggiungimento dell’eradicazione dell’epatite C è rappresentato dal fatto che l’infezione rappresenta una malattia subdola che non dà segno della sua presenza fino allo sviluppo di quadri epatici moderati o gravi. Questo si riflette nel fatto che molte persone non sono consapevoli del loro stato infettivo e sono quindi a rischio di contagiare altre persone, oltre che di sviluppare le conseguenze di un’infezione cronica.
In Italia è possibile stimare una prevalenza di infezione attiva fra lo 0,9% e il 2,3%. Considerando che le persone infette che hanno uno stadio di fibrosi F0-F3 sono potenzialmente asintomatiche, sono circa 300mila le persone inconsapevoli di essere affette dal virus HCV e non ancora trattate, che vanno a costituire la cosiddetta “popolazione sommersa” la quale rappresenta il target primario degli interventi di informazione e screening avviati a livello nazionale. In Italia l’accesso ai farmaci antivirali diretti ha avuto una rapida e soddisfacente evoluzione, portando all’istituzione di un progetto nazionale di screening gratuito rivolto alla popolazione generale (coorte 1969-1989) e, indipendentemente dall’anno di nascita, alla popolazione in carico ai Servizi per le Dipendenze (Ser.D) e alla popolazione carceraria (Legge N. 8, 28 febbraio 2020 e Decreto Legge del 14.05.2021).
Nell’ambito dell’applicazione delle indicazioni derivanti dal progetto nazionale di screening, i pazienti in carico presso la Struttura Complessa Servizio per le Dipendenze – Ser.D dell’Asl Novara diretta dalla dott.ssa Sarah Vecchio, vengono sottoposti a test rapido per la ricerca degli anticorpi HCV mediante fingerstick, vale a dire tramite la sola puntura di un polpastrello per il prelievo di sangue capillare. L’effettuazione di un test rapido, che garantisce una risposta sullo stato anticorpale in pochi minuti, aumenta la consapevolezza del paziente rispetto al proprio stato di salute e permette un incremento del numero di soggetti inviati alla valutazione epatologica e al trattamento. Il test di screening viene inoltre associato ad interventi di counselling rispetto alle modalità di trasmissione e alle complicanze dell’infezione da HCV, rivolti anche ai soggetti risultati negativi al test.
<La nostra struttura ha sottoposto a test di screening per gli anticorpi dell’epatite C ad oggi a 822 pazienti. Un piccolo numero di questi pazienti è successivamente risultato positivo alla presenza di infezione attiva ed è stato di conseguenza avviato al trattamento. Questo è stato reso possibile dalla collaborazione tra l’Asl Novara e l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Maggiore della Carità di Novara, e in particolare tra la Struttura Complessa Servizio per le Dipendenze – Ser.D e la Struttura Complessa a direzione universitaria di Medicina Interna 1 diretta dal Prof. Mario Pirisi>, afferma Sarah Vecchio. <L’obiettivo è di proseguire le attività di screening presso il Ser.D e migliorare ulteriormente la cosiddetta fase del linkage to care cioè l’insieme delle attività che permettono di costruire percorsi diagnostico terapeutici adeguati ad ogni bacino che contiene pazienti diagnosticati ma non curati. In questo senso il Servizio per le Dipendenze e, in particolare il gruppo di lavoro per lo screening delle malattie infettive guidato dalla dott.ssa Maria Enrica Rossi, sta lavorando anche in collaborazione con gli altri specialisti del Dipartimento Interaziendale Patologie da Dipendenza (diretto da dott. Lorenzo Somaini), con l’obiettivo di portare avanti una cultura di salute all’interno dei Ser.D e la creazione di reti territoriali efficaci e snelle che permettano il trattamento di tutti i pazienti risultati positivi allo screening>
< “Prevenzione” non è solo una parola ma si concretizza con iniziative e azioni come quelle messe in atto dalla S.C. Ser.D che permettono di cogliere i primi segnali della malattia e fare una diagnosi precoce. Fondamentale è fare rete e tra le Istituzioni e la sinergia consolidatasi tra l’Asl Novara e la Divisione Universitaria di Clinica Medica , diretta dal Prof. Mario Pirisi dell’Aou Maggiore della Carità di Novara consente di raggiungere gli obiettivi di tutela della salute pubblica, inoltre, fare informazione per sensibilizzare la popolazione e per diffondere la cultura della prevenzione permette di incidere e rallentare l’insorgenza e lo sviluppo dell’epatite> afferma Angelo Penna Direttore Generale Asl Novara.